PROGETTI

Vermilions and Neurons dalla serie “The Growing Garden”

2006

Vermilion and Neurons, della serie The Growing Garden, è la prima opera realizzata con la tecnica degli screen painting. Nell’intera serie mi sono ispirata a immagini scientifiche e nanomolecolari e ho realizzato una serie di animazioni 3D che ricordano mondi vegetali o, in taluni casi, paesaggi primordiali. Su questi sfondi visionari, in continua mutazione, sono intervenuta aggiungendo elementi pittorici con colori a smalto direttamente su schermi al plasma (screen painting). Lo stesso procedimento l’ho applicato sulle immagini in 3D stampate su cotone dove sono intervenuta con pittura acrilica. In questo caso ho lavorato sull’ambiguità delle due forme di pittura, quella digitale e quella tradizionale, ottenendo così un delicato effetto percettivo.

The Growing Garden

Ho realizzato una serie di opere che appartengono al progetto The Growing Garden, poiché attraverso il nanomondo sono entrata in contatto con immagini del tutto inedite, ottenute mediante i più potenti microscopi ottici, che mi hanno evocato paesaggi ambigui, luoghi stranianti che rammentano il reale nella sua frammentazione.

Proseguendo su una linea di ricerca che avevo intrapreso nel 1983 con In Corporea Mente, mi sono interrogata sulla trasformazione delle forme, sul loro rincorrersi dal microcosmo al macrocosmo. La struttura ramificata di un minerale, per esempio, è simile per forma e processo di aggregazione alla regione periferica di un neurone o alla struttura atomica di alcuni polimeri o, ancora, alla conformazione di un albero o di un corallo. Mi sono, quindi, addentrata, attraverso queste immagini scientifiche, attraverso boschi e pulviscoli meravigliosi che ho voluto rielaborare in 3D animando, ciascuna di esse, con una serie di creature tratte dal mondo animale o vegetale che ho dipinto direttamente sullo schermo o sulla tela, moltiplicando l’immagine come fosse un rituale zen. Il paradosso consiste nel fatto che l’immagine pittorica è portatrice di un’unicità e, quindi, di un DNA differente per ciascuna. Se attraverso l’autoreplicazione (potente promessa della nanotecnologia), le cellule costruiscono copie di sé stesse abolendo la diversità, io ho voluto seguire il procedimento opposto: attraverso ciò che è apparentemente uguale ho cercato di rianimare le differenze.